Sakara (neo iridato BKFC): “Il bare knuckle? E’ un pugilato duro, crudo, ma assolutamente vero e spettacolare”

Lo scorso 25 ottobre il PalaEur ha ospitato la prima edizione capitolina del Bare Knuckle Fighting Championship” (BKFC) la nuova promotion americana (con sede a Philadelphia), che organizza esclusivamente eventi di boxe a mani nude. Un pugilato duro, per certi versi anche crudo, ma molto adrenalinico e spettacolare, soprattutto se si ha la fortuna di poter assistere live ad una riunione.

Roma ha incoronato campione del mondo, nella categoria cruiserweight, un romano “speciale”, il Legionarius Alessio Sakara, 44 anni, veterano/pioniere degli sport da combattimento. E’ diventato popolare con l’ingresso, nel lontano 2005, nella Ultimate Fighting Championship, la più importante promotion di mixed martial arts (ancora oggi è il fighter tricolore con la maggiore longevità nella promotion “regina” delle MMA). E’ arrivato al suo primo titolo mondiale (la cintura BKFC) a ben 44 anni, ma con il coraggio e l’incoscienza di un giovane, dopo aver affrontato, appunto a mani nude, il coriaceo americano Chris Camozzi, detentore, fino allo scorso 25 ottobre, della cintura iridata.

Ha combattuto ovunque, a partire dai primi anni Duemila, come nella prima edizione di Cage Warriors a Londra, nel gennaio 2002, dove i fighter arrivavano potenzialmente a disputare anche tre incontri nella stessa riunione.

Adesso si gode un meritato riposo in Italia, anche se, nelle prossime settimane, sarà molto attivo lungo la penisola, dal sud al nord, per organizzare stage e clinic di MMA e chiaramente di bare knuckle. Da Catania a Benevento, passando per Bergamo fino ad arrivare all’estero, come nel caso di Lugano (in Svizzera).

D: Dopo questa importante vittoria che obiettivi ti sei posto? Conosci già dove e quando combatterai nuovamente?

R: No, è troppo presto. In questo momento per me è più importante divulgare in Italia il verbo del bare knuckle, per farlo diventare il più popolare possibile. Questo titolo è importante per me, ma anche per la promotion BKFC e per la disciplina in generale. Devo ringraziare, in particolar modo, Gabriel Rapisarda, per l’evento che è riuscito ad allestire in così poco tempo, ma anche per l’opportunità che mi ha dato di combattere (così come a tanti altri italiani presenti nella fight card, nda). Le vittorie che ci sono state a Roma, su tanti avversari stranieri, confermano il valore della nostra scuola. E questo lo ha capito anche David Feldam il fondatore del progetto BKFC.

D: Hai ricevuto anche i complimenti di Conor McGregor, attuale co-proprietario di BKFC.

R: Si è vero. Mi ha colpito moltissimo perché stimo McGregor come atleta, come campione e per i sacrifici che ha fatto per raggiungere determinati traguardi sportivi. Mi ha confidato di essersi “emozionato” durante il mio match. Anche il patron Feldam (ex pugile pro da giovane, nda) mi ha detto di aver apprezzato il cuore e il coraggio mostrato. Post evento poi sono arrivati i complimenti di Guido (Vianello) e Giovanni (De Carolis), quest’ultimo attuale direttore tecnico delle Nazionali italiani di pugilato.

D: Ecco riavvolgiamo il nastro di questa sfida con Camozzi. Ci spieghi il tuo game plan?

R: Con i miei allenatori avevo studiato attentamente lo stile di fighting di Chris. Mi ha lasciato spiazzato, perché, da subito, ha combattuto con un approccio diverso dalle precedenti sfide. Uno stile totalmente opposto rispetto al passato. Ecco perché, già alla fine del secondo round, ho capito che dovevo cambiare tutto. Ho capito che dovevo attaccarlo, essere aggressivo e ancora più duro di quanto avessi previsto. Questo cambio di strategia è stato molto apprezzato dai giudici, peraltro tutti americani. Ci tengo a sottolinearlo, perché gli statunitensi valorizzano sempre chi combatte con coraggio e senza paura. E’ quella che si chiama, anche nelle MMA, la “dominanza del territorio”. Chi domina la gabbia o il ring, nel caso specifico del bare kuckle, ha serie possibilità di vincere, al netto dei K.O..

D: Torniamo alle MMA. Come mai ha deciso di abbandonarle per “sposare” questa nuova promotion?

R: Rispetto a quando ho iniziato nei primi anni Duemila, le MMA, e in particolar modo la UFC, hanno subito un profondo cambiamento. Oggi per poter competere a livelli alti è necessario avere una solida preparazione da lottatore olimpico (libera e greco-romana, nda). Ormai è così e bisogna accettarlo. Io sono nato pugile, sono uno striker, e non potevo cambiare il mio stile di combattimento dopo tutti questi match. Nella BKFC ho ritrovato la mia natura. E’ chiaramente un pugilato diverso da quello tradizionale, più duro, più crudo, ma altrettando emozionante e adrenalinico come la noble art. Credo che avrà una grande crescita nei prossimi anni e l’Italia può guidare uno sviluppo repentino di questo fenomeno anche in Europa.

Un momento del match Sakara (a sin.) vs Camozzi (a destra) – credits photo BKFC Italy

D: Perché, in questo momento, ci sono pochi atleti italiani ai vertici delle MMA e della boxe?

R: Molti anni fa ho fatto una scelta strategica, che, però, ha cambiato radicalmente la mia vita professionale. Ho scelto di andare ad allenarmi all’estero, negli USA. Vivo stabilmente a Boca Raton (nella contea di Palm Beach in Florida), ad appena 40km da Miami, e sono entrato nel gruppo di lavoro di American Top Team (una delle palestre più rinomate per chi si allena per combattere nelle MMA), il miglior “MMA camp” al mondo secondo molti addetti ai lavori. Questo mi ha consentito di allenarmi, confrontarmi e combattere con i migliori specialisti del mio sport.

Se mi giro, però, non trovo molti altri che hanno fatto lo stesso percorso e i risultati chiaramente si vedono. Anche Guido Vianello, fresco campione del mondo di boxe (WBC Continental Americas) ha capito che per crescere doveva ripercorrere gli stessi passi, seppure in una disciplina diversa. Non a caso anche Guido, oggi, è campione del mondo nella sua categoria. O ancora lo stesso è avvenuto con Marvin Vettori stabilmente, da anni, nelle migliori posizioni del ranking di categoria in UFC. Inviterei tanti altri pugili o fighter di MMA a sperimentare questa scelta e a mettersi chiaramente in gioco.

Se in questo momento abbiamo solo due campioni del mondo, nella boxe e nel bare knuckle, mentre in Italia vivono oltre 60 milioni di persone, è chiaro che c’è qualcosa che non va, qualcosa di totalmente sbagliato. Bisogna cambiare strategia, metodo e approccio mentale.

D: Torniamo alla BKFC. Quali sono altri combattenti italiani che ti hanno colpito?

Ve ne sono diversi. Potrei dire sicuramente Ernesto Papa, Enzo Tobbia (sfortunato nel suo combattimento a Roma), ma è chiaro che il primo nome che mi viene in mente è quello di Walter Pugliesi. Si era già distinto a Firenze. A Roma ha mandato K.O., in modo devastante, il britannico Karl Thompson. Ha uno stile aggressivo, duro, veloce. E’ un atleta ideale per questa tipologia di promotion pugilistica. Prevedo per lui un grande futuro in BKFC. E’ il prototipo del pugile da bare knuckle.

D: E’ vero che è troppo presto, ma l’americano Lorenzo Hunt può essere un tuo prossimo sfidante per il titolo?

R: Sì, certamente, ma mi devi credere non è l’unico. Nella mia categoria di peso ci sono diversi campioni. Hunt è uno di questi, ma non dimentichiamoci un’altra icona proveniente dalle MMA: l’ex campione del mondo Yoel Romero, che ha vinto il suo primo match a BKFC #80. Tra l’altro ci alleniamo insieme all’American Top Team ed è un amico. Ma quando si sale sul ring l’amicizia bisogna lasciarla sempre fuori.

D: Tu leggi molto, sei un appassionato di filosofia.

R: Sì, ne abbiamo parlato insieme, se ricordi, al termine del weigh-in di Roma, dove ti ho raccontato, come, per Platone, ad esempio, il pugilato fosse una palestra eccellente per il corpo, ma, soprattutto, anche per la mente. Ecco, in un possibile match contro Romero, sarebbe anche in questo caso uno scontro unico, non solo per la qualità dei pugni sferrati, ma perchè la forza della filosofia (Sakara, nda) andrebbe in parallelo a quella della religione (Romero l’ha sempre messa al centro di tutta la sua vita, nda). E anche per questo lo rispetto. Certamente, per combattere contro di me, dovrebbe scendere fino a 93kg, nella categoria di peso “cruiserweight”. Ma, ripeto, è ancora troppo presto per parlarne.

Face to Face Chris Camozzi vs Alessio Sakara durante il press meeting di BKFC Roma – foto Wagner Mela.

D: Visto che abbiamo parlato anche di boxe, come valuti l’esperienza di Jake Paul, il pugile-youtuber americano?

Rispetto agli inizi è migliorato tantissimo, si allena seriamente e si è affidato anche a dei coach di buon livello. Oltre a ciò investe tutto il suo tempo in questo progetto personale (per la cronaca lo score record di JP è di 12 vittorie e appena una sconfitta, nda). E anche questo è un fattore determinante, perchè non tutti i boxeur possono solo allenarsi quotidianamente. Spesso devono fare grandi sacrifici e lavorare per poter vivere. Poi devo ammettere che, anche se possono pensarla diversamente, il mondo è cambiato e, oggi, il grande pubblico vuole vedere lo spettacolo di questi nuovi atleti, che non nascono come atleti professionisti. Jake Paul inoltre è molto forte sui social (vanta più di 28,2 milioni di follower), è uno show man assoluto.

Voglio essere ancora più chiaro: preferirei sempre assistere a un match di due pugili, mentre il grande pubblico impazzisce per seguire due youtuber che si affrontano sul ring. E’ pazzesco, ma è così e per quanto possa pensarla diversamente non credo che riuscirò a cambiare la mentalità della gente. Sempre se parliamo di Jake Paul C’è un aspetto rispetto al quale mi sono ricreduto molto su di lui.

D: Quale è questo aspetto nello specifico?

R: Fa combattere tanti pugili “veri”, che vivono di questo sport. Spesso lui chiude la riunione con il suo match, ma l’intera card è costituita da pugili “pro”, che, grazie a lui, si fanno conoscere dal grande pubblico, dal mondo dei media o da quello degli sponsor. Questo gli fa onore, perché sta dando loro una grande possibilità di crescita mediatica oltre che televisiva.

Finisco con una provocazione: nel futuro metterei persino una clausola contrattuale nelle riunioni di Jake Paul o dei “futuri” youtuber. Puoi organizzare riunioni, ma solo con semifinali e match per i titoli tra atleti professionisti. Già questo sarebbe un compromesso accettabile visto che parliamo di mondi e visioni totalmente opposte.

Marcel Vulpis

Marcel Vulpis

Romano, 57 anni, giornalista professionista, specializzato in temi di economia e politica dello sport. Ha fondato nel 2004 l’agenzia nazionale online “SportEconomy” (dedicata al mondo dello sport business a 360 gradi) dirigendola fino ad oggi. Ha ricoperto ruoli dirigenziali nel calcio e nel ciclismo. Docente universitario a contratto per le più importanti università italiane (con focus su comunicazione/uffici stampa e marketing). Opinionista televisivo, editorialista e scrittore. Nel 2017 ha scoperto casualmente gli sport da combattimento (Combat Sports) e da lì è nata una grande passione che ha portato alla nascita del progetto di sports-news “TheDailyCage.it”.

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